Poggio alla Croce

Società Mutuo Soccorso Poggio alla Croce

La Storia

Poggio alla Croce, grazie alla sua posizione strategica, ha origini più antiche di quanto si possa credere.

Spesso si è pensato che i piccoli centri come Poggio alla Croce fossero poveri di riferimenti storici e di agganci con lo svolgersi degli eventi della storia “ufficiale”, ma la realtà è ben diversa. La storia in tutte le sue forme, dalla vita contadina a quella dei potenti, dagli eventi bellici alle trasformazioni sociali, ha lasciato anche qui numerose testimonianze, alcune anche di notevole valore.

Nel passato consisteva soltanto in un ospedaletto per il ricovero dei viandanti, contrassegnato da una croce visibile da entrambe le vallate per facilitare l’orientamento, ma la zona circostante, quello che oggi è il paese, ha sempre brulicato di vita nelle sue forme più vivaci e variegate. Sicuramente il nome Poggio alla Croce è derivato da questo segno.

Molte delle conoscenze della zona circostante di quello che è oggi il paese sono state tramandate attraverso le pergamene dell’Abbazia di San Cassiano a Montescalari, oggi conservate nell’Archivio di Stato di Firenze. Queste carte, che abbracciano un arco di tempo che va dal 1038 al 1130, rappresentano una fonte preziosa ed unica per la conoscenza di questi aspetti concernenti la vita dell’epoca. Si tratta di contratti, donazioni, livelli, concessioni e testamenti dai quali, ad esempio, si apprende che “Guido e Teudaldo, figli del fu Teudaldo “ vendono, nel giugno del 1097, al monastero di Montescalari, i loro beni situati a Lato de Loro, a Favale, a Beccheria e ad Acquaviva. Oppure che certi “Sismondo e Ubertello, figli del fu Fantino” vendono il due agosto dello stesso anno alcuni pezzi di terra situati presso la Fonte agli Aceri e al guado di Faule, tutti possessi compresi nel territorio di San Vito a Scergnano. In queste pergamene sono nominati decine di luoghi che per secoli sono stati familiari nella vita degli abitanti di questa zona e lo sono ancora oggi.

Il nome della località di Poggio alla Croce si rintraccia per la prima volta in un documento del febbraio del 1038, dal quale veniamo a sapere che: ”Martino figlio, del fu Pietro e Boniza”, dona al monastero di Montescalari alcuni terreni situati al Fattoio e a Moriano, nel luogo detto alla “Cruce”. Le notizie dell’esistenza di un ospedale, con annesso oratorio, intitolato ai SS. Simone e Giuda Taddeo sono rintracciabili in alcuni documenti dell’Archivio Vescovile di Fiesole e del Bigallo di Firenze, dai quali sappiamo che aveva una sola stanza e un solo posto letto e alcuni appezzamenti di terreno, e probabilmente rappresentò un riferimento per i pellegrini e i viaggiatori dell’epoca, fino alla metà del XVI secolo. Nel XII secolo, il primo nucleo di case di quello che sarebbe diventato il Poggio, apparteneva alla chiesa di S. Maria a Moriano, antichissima parrocchia posta a poca distanza dal paese, nel versante che guarda il Valdarno. Si trattava di un’esigua comunità formata prevalentemente da agricoltori, apparteneva al Sesto di Borgo e, in seguito, al quartiere di Santa Croce. Nel 1424 passò alla chiesa di Cascia e dell’Incisa. Dalla comunità di Reggello divenne, nel 1822 del Comune di Figline, per tornare nel 1852, definitivamente all’Incisa. Oggi, purtroppo, di S. Maria a Moriano non restano che alcune pietre nascoste nella vegetazione.

Di questo edificio, intorno al quale si sarebbe poi sviluppato il paese, abbiamo notizie nel 1436, quando fu riunito alla chiesa di San Pietro al Terreno, l’attuale Brollo. Fu incorporato al Bigallo nel 1583.

 

Poggio alla Croce è dominato da un colle, sulla sommità del quale è stata posta nel 1959 una grande croce di ferro. Questo colle, che gli abitanti chiamano Citerna (forse per l’esistenza di una fonte o di un deposito per la raccolta dell’acqua piovana), fu sede di un piccolo insediamento di epoca etrusco-romana.  Forse la presenza degli Etruschi nel nostro territorio è testimoniata proprio dalla denominazione del torrente le cui sorgenti nascono dalle nostre montagne, l’Ema. Tale origine è assegnata da Silvio Pieri nel suo volume sulla toponomastica della valle dell’Arno, “eme”, che indica “ricchezza”.

Nell’alto medioevo Poggio Citerna ospitava un monastero di monache, sotto la regola di S.Agostino, che fu detto dalla località “alla Croce”. Queste monache agostiniane furono dette le “Fratelle” ed ebbero una vita molto travagliata, sia per le scarse possibilità di sussistenza che il luogo offriva, sia per le epidemie di peste che lo colpirono, tanto che furono esentate dalle collette ponteficie e più volte unite con un altro monastero, quello di S.Maria a Fontendomini, situato poco distante nel versante incisano. Di questo monastero oggi restano solo poche tracce.

A circa un chilometro dal paese, sul colle che guarda San Polo, esisteva la chiesa di San Bartolo, o Bartolomeo a Musignana. Edificata dai Buondelmonti, fu riunita a quella di San Cerbone e nel passo al comune di Greve, in seguito ridotta a un semplice oratorio, fino a scomparire definitivamente ai primi del Novecento.

Circa alla stessa distanza, su un promontorio, in prossimità dell’antica strada che da Firenze portava ad Arezzo, è situata la chiesa di San Cerbone a Castagneto. Le prime notizie risalgono al 1098, quando il primo febbraio in questa località fu stipulato un documento di vendita di alcuni beni posti a Favale e alla Docciolina, rispettivamente nelle pievi di Cintoia e di Incisa. Il suo popolo è ricordato nel 1260, quando partecipò alla guerra dei senesi contro i fiorentini, offrendo a quest’ultimo esercito due staia di grano.

Apparteneva fino dal 1274 al piviere di San Vito a Scherniano o all’Ancisa. San Cerbone, negli Statuti di Firenze del 1355, apparteneva alla lega e potesteria di Figline, cosi anche nei documenti del 1408 e del 1415. Il 23 luglio 1550 con la chiesa di San Bartolomeo a Musignano, fu incorporata amministrativamente allo Spedale di Santa Maria Nuova di Firenze. Unita nel 1781 a San Bartolomeo, in comune di Greve, l’appellativo castagneto, originato dalla pianta che cresce nella zona, fu sostituito con quello “a Musignano”.  Fu staccata dallo Spedale il 20 gennaio 1786 dal vescovo Ranieri Mancini. Ebbe il privilegio del fonte battesimale dell’agosto 1912 da Mons. Giovanni Fossà. La chiesa, dalla struttura duecentesca, fu restaurata nel 1945 dopo essere stata danneggiata dalla guerra. Una lapide in pietra sulla facciata ricorda i caduti dell’eccidio di Pian d’Albero fatto dai nazifascisti.

Altri ricordi storici dichiarano che nel settembre 1312 passò Arrigo VII con il suo esercito nel portarsi ad assediare Firenze. La Famiglia Poggesi ospitò nella prima metà del XVI secolo il Duca Alessandro de’ Medici, sperdutosi durante una battuta di caccia.

In questo territorio sono sorte e si sono sviluppate nel corso dei secoli alcune fattorie, tutt’oggi attive e dedite alla valorizzazione e allo sfruttamento delle risorse della terra e del patrimonio del bosco. La fattoria di Castagneto, di cui si hanno tracce fin dal 1099, la fattoria della Novella di origine successiva e la fattoria di Masseto. Di quest’ultima, nata come casino di caccia mediceo, si ha notizia intorno al 1500, come testimonia una lapide all’interno del porticato, che ricorda la donazione fatta da Cosimo I dei Medici al suo ambasciatore e consigliere Stefano di Pietro Alli. Tra i tanti particolari degni di attenzione ricordiamo la meridiana sulla facciata principale e il lavabo in pietra sul piazzale lastricato. Attorno a queste fattorie, dislocate su vari poderi, sorsero fin dai tempi più remoti degli stupendi insediamenti rurali, oggi quasi tutti restaurati o in fase di ristrutturazione.

Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, la vita di Poggio alla Croce si ricollega alla storia nazionale. Cominciano le chiamate alle armi, i primi morti, le prime lapidi, l’impatto con il nuovo stato unitario, la Prima guerra mondiale e le spedizioni in Africa, che rilevano quanto sia duro il contributo per l’Italia unita. Alla fine del primo conflitto mondiale fu eretto un monumento all’entrata del paese a memoria delle ventinove persone rimaste uccise, dove tutt’oggi, ogni anno, viene celebrata una messa.

Nascono le prime forme associative, la politica fa il suo ingresso nella vita quotidiana. Con la fondazione della Società di Mutuo Soccorso il paese trova un nuovo punto di riferimento, che tra momenti di felice attività e periodi di abbandono arriverà fino ai nostri giorni.

 L’affermarsi del Fascismo, lo scoppio della Seconda guerra mondiale e l’occupazione nazista, determinano una serie di avvenimenti che porteranno ai fatti eroici della resistenza, di cui il più famoso resta quello legato all’eccidio di Pian D’Albero. I nostri monti furono rifugio per molti sfollati e squadre di partigiani, riunitesi il primo di giugno del 1944, nella Brigata garibaldina d’assalto“ Vittorio Sinigaglia” contraddistinta dal n.22bis. A Pian d’Albero, dove abitava la famiglia Cavicchi, c’era un centro di reclutamento per i giovani volenterosi di entrare nelle file partigiane. Il 20  giugno 1944 a seguito di un rastrellamento tedesco persero la vita trentanove persone.

Dopo la conquista di Roma i tedeschi si predispongono ad abbandonare l’Italia centrale per attestarsi sugli Appennini, dove da tempo stanno preparando la “linea verde”, “linea gotica” per gli Alleati. Hanno però necessità di guadagnare tempo per completare al meglio la suddetta linea difensiva. Da Roma il punto di difesa di maggiore spessore sono proprio i nostri Monti del Chianti e particolarmente i rilievi sopra Greve in Chianti che si prolungano verso Siena.

Qua sono disegnate una serie di linee difensive che prendono nomi maschili per la 10ª armata che difendeva il territorio da questi monti fino all’Adriatico e nomi femminili per la 14ª armata che controllava la difesa fino al Tirreno. Fa eccezione la linea “Mädchen” (Ragazza) disegnata personalmente da Hitler, che correva proprio sulle cime dello Scalari la quale costituiva la testa di ponte del fronte tedesco per il passaggio a nord dell’Arno.

A saldatura delle due armate, sul massiccio del Monte Scalari, vengono impiegati i migliori corpi e cioè il LXXVI corpo con la divisione Hermann Goering per la 10ª e il I corpo paracadutisti con la 356ª divisione per la 14ª. Quest’ultima divisione è una delle migliori, se non la migliore in assoluto, che i tedeschi hanno in Italia: è formata in massima parte da veterani di tante battaglie, pieni di esperienza combattiva e da giovani provenienti dalle file della “gioventù hitleriana”, fanatici quanto eroici. Quando alla fine del mese di luglio, la 4ª divisione di fanteria Britannica con la 24ª Brigata Guardie Reali si scontrò con questa linea difensiva, i combattimenti furono particolarmente virulenti, ci furono perfino scontri corpo a corpo; un dato per tutti che può far immaginare cosa accadde su queste montagne, il 31 luglio alle ore 22 iniziò un fuoco d’artiglieria da parte degli alleati sul tutto il fronte del I corpo Armata tedesco, senza una minima pausa continuò fino alle 4 del mattino del primo agosto; risultarono sparati quasi 60.000 colpi d’artiglieria, per ritrovare un ugual numero di colpi occorre andare ai giorni di El Alamein che furono 62.500.

L’intero fronte di avanzata fu fermato per tre giornate com’era stato prestabilito, dall’alto comando tedesco e solo il primo agosto gli inglesi del 2°battaglione “The King’s Regt.” potette raggiungere Poggio alla Croce. Alle ore 22 nella bottega del fornaio del paese, Ovidio Becattini, venne fatta una riunione dei comandanti di battaglione, dove furono decisi i piani di attacco per l’avvicinamento a Firenze.

Con la Liberazione iniziarono i difficili anni del dopoguerra, si avvia un modello di sviluppo che trasformerà uno stato poggiato su una solida tradizione agricola e contadina, in un paese fortemente industrializzato. Anche Poggio alla Croce viene influenzato da questo cambiamento; le attività agricole a poco a poco cessano di essere al centro del reddito familiare, i poderi vengono abbandonati, come pure il lavoro dei boschi. La stessa coltivazione del giaggiolo, che aveva costituito una fonte di reddito fondamentale, diventando sempre meno competitiva sul mercato, viene a perdere la sua importanza.

All’inizio dello scorso secolo gli abitanti di Poggio alla Croce furono uniti a quelli di San Cerbone a Castagneto. Nel 1965 fu costruita una chiesa, su disegno dell’Architetto Polesello, per interessamento di Don Sergio Ielmetti; Venne consacrata dal Vescovo Antonio Bagnoli ed è dedicata ai SS. Martiri dell’Uganda. E’ notevole una lignea Madonna col Figlio, opera del Professor Filidei di Pisa, premiata alla mostra di arte sacra di Fiesole nel 1967. In sacrestia era conservato un trittico rappresentante la Madonna dell’Umiltà col Figlio e Santi attribuita ad Andrea di Giusto, proveniente da S.Michele a Moriano. Di rilevante interesse è anche un “armonium” ottocentesco, particolare anche nella sua struttura, uno dei primi di artigianato francese.

In questi ultimi anni, con il maggior interesse verso il territorio e le comunità rurali, il Poggio sta conoscendo una ripresa economica, con il recupero di terreni agricoli e la nascita di agriturismi, accompagnata dal restauro delle vecchie case e dalla nascita di nuovi insediamenti abitativi.

La Società di Mutuo Soccorso, ritornata a nuova vita dalla fine degli anni Novanta, ha intrapreso una manifestazione estiva denominata “Estate al Poggio”, ricca di avvenimenti, spettacoli e iniziative culturali, che di anno in anno sta conoscendo un sempre maggior successo di presenze e d’interesse da parte del pubblico.

AGOSTO 1944 POGGIO ALLA CROCE